Innovation festival 2013: Pensato e disegnato per tutti


In collaborazione con la manifestazione Innovation Festival di Bolzano, ADI Veneto Trentino ha organizzato l’evento “Pensato e disegnato per tutti”, un convegno sul significato del design inclusivo. Coordinati da Alex Terzariol, Presidente della Delegazione ADI, Associazione per il Disegno Industriale, sono intervenuti Philippe Daverio, Francesco Morace, Paolo Favaretto, Martin Telser.
La sala della Libera Università di Bolzano è gremita, non tutti hanno trovato posto a sedere, la curiosità sale e si scarica in un lungo applauso all’arrivo del mattatore della giornata: Philippe Daverio. Dopo le presentazioni di rito guidate da Alex Terzariol, tocca proprio a Philippe Daverio introdurre il tema della giornata, partendo dall’origine della discussione, il significato della parola design. La parola design è usata sempre più spesso a sproposito e la figura del designer confusa sempre più spesso con quella dello stilista. La parola design ha bisogno di essere definita, raccontata, spiegata. Il mercato è onnivoro di novità e spinge al desiderio di sostituzione, utilizza lo stilismo come strumento di obsolescenza programmata, nascondendo dietro all’iperdecorativismo e all’iperfunzionalismo l’assenza di buone idee e di buoni progetti di design. In passato vigeva il consumo integrale delle cose, oggi un oggetto molto spesso decade e viene sostituito nonostante la sua intatta capacità funzionale. Un buon progetto di design deve quindi emanciparsi da questa idea di mercato e proporsi come sintesi di contenuti progettuali, estetici, funzionali, linguistici, etici, ideologici, utopici. Un oggetto di design deve contenere in se l’immagine di futuro possibile, come una buona architettura, come un buon progetto urbanistico. Soltanto partendo da questa definizione si può proseguire con l’analisi di cosa sia esclusivo e cosa sia inclusivo nel design.
Il sociologo Francesco Morace racconta invece il presente della nostra società attraverso il passato ma soprattutto attraverso un possibile futuro. Analizzare la società che viviamo ci permette di capire il campo di gioco in cui si svolgerà la partita del mercato e del consumismo che verrà. Siamo ad un momento di svolta epocale, dopo le ideologie di metà novecento e l’edonismo di fine e inizio secolo, stiamo vivendo una rivoluzione silenziosa che comporta nuovi equilibri tra minoranze e maggioranze, comporta maggiore fluidità e trasversalità delle classi sociali, permette una straordinaria capacità espressiva da parte di piccole nicchie sociali, grazie soprattutto alle nuove tecnologie. Globale e glocale, mainstream e nicchia. Il futuro che ci attende, nemmeno tanto remoto, è un futuro in cui sarà vincente un mindset olistico, aperto alla condivisione e alla contaminazione, mentre il design che ci attende sarà probabilmente un design dell’umano.
L’intervento dell’Architetto Paolo Favaretto ci aiuta invece a capire cosa vuol dire, in pratica, fare del buon design. Il design non si disegna, si progetta. Gli oggetti meravigliosamente inutili che affollano le liste nozze di mezzo mondo sono pessimi esempi di design. Disegnare per tutti significa iniziare da un problema particolare e risolvere problematiche generali. Disegnare per tutti, Design for all, significa quindi esplorare tutte le problematiche dell’uomo. Viviamo in una società sempre più anziana e in una società dove i più vecchi hanno più disponibilità economica rispetto ai giovani. Disegnare per tutti non è quindi una semplice regola etica, ma una fondamentale strategia di crescita. Quando un oggetto risolve un problema a qualcuno, semplifica la vita a tutti, ed è stilisticamente ben disegnato, non solo è un buon oggetto di design, è anche la prova che si può progettare un futuro migliore. Fortunatamente non esistono esclusivamente oggetti di pseudo design da lista nozze, e Paolo Favaretto ne mostra alcuni esempi ad una platea incuriosita, divertita, interessata. Molti di questi oggetti provengono dal Giappone, paese che più di altri è riuscito a far crescere la consapevolezza progettuale dei suoi designer.
Con l’intervento di Martin Telser ci si addentra nella quotidianità di un disabile, analizzandone le necessità, analizzando progetti realizzati e progetti realizzabili, allo stesso tempo emancipandosi dagli schemi sociali consolidati, senza alcun vittimismo o sentimento di inferiorità, con una visione pragmatica e propositiva.
Non dobbiamo sprecare energie per tentare di essere tutti uguali, conclude l’istrionico Philippe Daverio, dobbiamo lottare per il diritto di uguaglianza. Forse un nuovo mondo è possibile, anche grazie al design.



Immagine: ADI Delegazione Veneto Trentino


Commenti

Post popolari in questo blog

Virus 6.1.0.

Design, creatività, saggezza: Miti(li)

Benessere in ufficio: acustica