Comunicare: pubblicità, sesso, bugie e videotape

(C) Corrado Dalcò
Ieri mi sono imbattuto in alcune cose interessanti che riguardano la comunicazione, il vendere, l'informare, l'essere femmina, maschio, cittadino, contribuente. Nel pomeriggio leggo un tweet di Valentina Cinelli, web editor specializzata in comunicazione, che rimanda ad un articolo del corriere.it su una pubblicità giudicata sessista.
Il mio giudizio, da maschio mediamente istruito, mediamente acculturato, tendenzialmente non bigotto (non credo di essere un maschilista, ma il giudizio lo lascio a voi, dopo aver letto questo post) è che in fondo usare un culo o delle tette fuori contesto per comunicare un prodotto non sia tanto il frutto di una mentalità sessista o maschilista, ma semplicemente il frutto di un pessimo lavoro, e basta. Sinceramente un manifesto con un paio di chiappe di ragazza in costume abbinate ad un succo di frutta urta molto meno la mia sensibilità rispetto ad una pubblicità con Kevin Costner che brandisce il suo pene / grissino sotto lo sguardo languido delle dirimpettaie allupate. Io credo che una donna (e chiunque) dovrebbe indignarsi molto di più per lo spot di balla coi tonni piuttosto che per il manifesto della mutanda al gusto frutta. In ogni caso per entrambe le campagne si tratta banalmente di un pessimo lavoro di comunicazione, che usa il sesso e/o gli ammiccamenti perchè semplicemente è più facile fare così. Nello spot TV con Kevin Costner c'è un elemento aggiuntivo che fa cadere le braccia, ovvero proprio lui, Kevin, o meglio l'uso sconsiderato di un testimonial da parte di chi fa comunicazione. Rispetto allo spot del tonno che si taglia con un grissino lo spot fatto coi piedi di Simona Ventura o lo spot dei famosi mugnai con Banderas che brevetta la fetta biscottata indistruggibile in confronto sono cinema da oscar. Tornando al sesso, non c'è dubbio stimolare ormoni è un ottimo veicolo di vendita, e sinceramente non sono tra quelli che si scandalizza particolarmente per qualche ammiccamento più spinto, purché giustificato dal contesto e attento dal punto di vista artistico, comunicativo, sociale (ad esempio trovo molto efficace lo spot Heineken "sunrise" che contiene ottima musica, ottima qualità di ripresa, storyboard semplice e ammiccante - sono fico perchè ballo tutta la notte, bevo qualche birra ma non troppa, così sono abbastanza lucido per limonarmi la tipa più gnocca del locale e non il solito cesso che rimorchio da ubriaco - ma tutto sommato non banale, paraculo al punto giusto senza esagerare, con quel pizzico di responsabilità sociale che non guasta). Parlando di spot ammiccanti ricordo ancora la sorpresa delle ragazze canadesi conosciute a Londra, in una gita scolastica del liceo nei mitici anni 90, che ospiti della nostra camera d'albergo mentre si chiacchierava di sesso viaggi musica e cinema (ovviamente) bevendo un pessimo artigianale sex on the beach, si scandalizzarono non poco per lo spot della crema solare con balcone a vista in prime-time sul canale statale-cattolico RAI1. Scandalizzate non tanto per la tetta in prima serata, ma per la banalità di un messaggio del genere in un canale pubblico che dovrebbe fare informazione e cultura, anche attraverso la selezione dei suoi inserzionisti (c'era una volta Carosello...). Anche in questo caso, come nel caso del siliconico spot sigillante, è tutta una questione di contesto, cultura, comunicazione, canale di diffusione. Anche la comunicazione, come la vita, è fatta di cose più o meno buone, tutto qui. Se si facesse più selezione e si mettessero in onda o si pubblicassero solo prodotti comunicativi di qualità, il problema di una tetta o di una chiappa in più o in meno non ci sarebbe. Scomodare ad oltranza il sessismo mi sembra banale quanto questi spot. Per lo stesso motivo scomodare il razzismo ogni volta che si parla degli insulti a Super Mario Balotelli mi sembra ingiurioso tanto quanto gli insulti stessi. Si insulta per invidia, per ignoranza, prima ancora che per razzismo. La cultura, non a caso, è un arma potentissima che può difendere la nostra società dal sessismo, dal razzismo, e da molte altre schifezze del genere. A proposito di cultura, di informazione, di RAI1 e di Mario Balotelli (ovvero di mondiali di calcio), ieri sera ho visto una dimostrazione di quanto sia infimo il livello qualitativo in onda sulla nostra TV pubblica. Post partita incontro di girone Brasile - Messico, una serata "mondiale" come tante altre. Ci sono ben 4 studi collegati e in diversi momenti si avvicendano 18 (DICIOTTO... contati uno ad uno...) tra giornalisti (o pseudo tali), conduttrici (se per conduttrice si può definire una tizia che sfoglia col ditino un iPad in diretta) e opinionisti vari (forse sarebbe meglio chiamarli testimonial in saldo). Le discussioni? Vuote. Non pretendo cultura da una trasmissione sportiva (anzi, si, visto che è pubblica) ma almeno del sano intelligente intrattenimento. Invece abbiamo pagato (si, sono tra i cretini che paga il canone da anni) 18 individui per fare un pessimo lavoro (tra loro ci potevano pure essere seri professionisti, ma nell'impossibilità di essere tali in un orgia informe del genere), quando si potevano pagare tre persone selezionate per fare un lavoro eccellente. Riassumendo, la banalità a mio parere è molto più pericolosa di un culo di donna su un manifesto. Anche perchè esiste chi, come l'italianissimo fotografo Corrado Dalcò, famosissimo nel mondo e poco conosciuto in Italia, riesce ad assere apprezzato come professionista e come artista, ad essere amato dalle aziende e dalle donne, "nonostante" il suo stile ammiccante nella comunicazione e il carattere borderline della sua arte. Si tratta di andare a fondo e non soffermarsi in superficie, si tratta di vedere le cose con attenzione, consapevolezza. Si tratta, in sintesi, di cultura.

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