Creatività: Generazione collage, in bilico tra analogico e digitale.

Austin Kleon
Chi come me è nato negli anni settanta o nei primi anni ottanta ha ben presente cosa vuol dire analogico e cosa vuol dire digitale. Chi è nato prima di noi fa fatica a comprendere profondamente il significato della parola digitale, chi è nato dopo di noi fa fatica a comprendere pienamente la parola analogico. Parafrasando Rudy Bandiera e il suo recentissimo libro Web 3.0 la nostra è una generazione fortunata, abbastanza matura da aver vissuto una quotidianità completamente offline, ma abbastanza giovane per capire fino in fondo il mondo online. Austin Kleon, giornalista e blogger statunitense, fa parte di questa nostra generazione. Nei suoi due libri Steal like an artist e il recentissimo Show your work Austin Kleon ci racconta meravigliosamente quanto sia affascinante esplorare un mondo fatto di materia e di bit, quanto sia bello esprimere noi stessi attraverso la materia e attraverso i bit. Austin Kleon nello studio di casa ha due scrivanie. Una scrivania è totalmente analogica, l'altra scrivania totalmente digitale. Quando lavora alla scrivania analogica ha soltanto carta, forbici, colla, matite e pennarelli; mentre computer, smartphone, scanner e tutte le diavolerie tecnologiche da terzo millennio sono confinate nella scrivania digitale, vietato mischiare le cose. Questa scelta permette ad Austin di sviluppare la creatività con processi differenti, stimolando il mondo digitale con quello analogico, e viceversa. Questo metodo funziona per Austin e non è detto che possa funzionare efficaciemente con ognuno di noi, ma mi piace la poetica di questa scelta, perchè racchiude in fondo le sensazioni che provo di fronte alle parole analogico e digitale. Il fascino del digitale per me è in buona parte condizionato dal poter vedere realizzate cose che da ragazzini potevamo solo sognare, o vedevamo nei film e nei cartoni animati cyberpunk e post-nuclari. E poi c'è l'attaccamento romantico al passato, alle attività manuali, al Lego, al fango, alla carta. Io credo che la nostra generazione sia una generazione collante, anzi, forse una generazione collage. Non solo collage tra analogico e digitale, ma anche collage nel vero senso della parola. Ci piaceva (e ci piace ancora...) l'arte di accostare l'inavvicinabile, di distruggere per ricreare, di smontare e rimontare come piace a noi, di violentare con le forbici per ridare vita con la colla. Ho visto da poco due film particolari, non tradizionali, entrambi diretti da ragazzi della mia generazione. I due film non hanno nulla in comune, a parte le generazioni che raccontano... e i collage. I collage nel diario di Aria, protagonista del film Incompresa diretto da Asia Argento, e i collage degli articoli su Andreotti del piccolo Arturo, protagonista del film La mafia uccide solo d'estate diretto da Pif. Forse è più forte di noi, forse nel nostro intimo c'è un vissuto fatto di forbici e colla, rottura e unione, sgretolamento e costruzione, forza e debolezza, sesso e coccole, solitudine e comunità.


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