Internet, web, socialmedia: capire il presente e il futuro digitale

Due gradi e mezzo di separazioneNon importa a che generazione appartieni, se in questo momento, mentre scrivo questo post, sei vivo, internet è lo strumento tecnologico che più di tutti ha cambiato la tua vita. Non importa a quale classe sociale appartieni, se vale il presupposto che la conoscenza è il bene con il più alto valore esistente al mondo, il web ha dato la possibilità a chiunque di diventare ricco (non solo filosficamente, ma materialmente). Non importa sei sei bello, brutto, magro, grasso, timido o espansivo, simpatico o antipatico, i social media ti hanno dato la possibilità di esprimerti e di creare interazioni con il mondo intero. Queste tre definizioni di internet, web e social media, anche se brevi, imprecise e semplicistiche, dovrebbero come minimo stimolare curiosità, se non addirittura stupore, nella maggior parte delle persone che vivono il nostro tempo, quotidianamente, ogni volta che si usa uno smartphone, un tablet, un pc. Invece mi capita ancora troppo spesso di incontrare persone anche di giovane età (online, offline, ormai la distinzione è - per me perlomeno - indifferente) che interagiscono con questo patrimonio di inestimabile valore con la stessa passività con cui si guardava la TV negli anni ottanta e novanta, partecipando al massimo con qualche lettera alla casella postale RAI di via Mazzini o telefonando a Pronto Raffaella oppure chiacchierando banalmente di TV al bar dello sport o dalla parrucchiera. I personaggi peggiori sono poi quelli che inebriati da internet, web e social media, replicano queste dinamiche unidirezionali trasfigurandosi in entità pseudotelevisive pretendendo pure di essere degli innovatori. Questo non significa che sia obbligatorio essere tutti dei maniaci digitali, ma credo sia indispensabile formare una propria consapevolezza per poter interpretare e vivere al meglio il mondo che ci circonda. Io sono del 1976, la mia generazione ha vissuto la macchina da scrivere, il commodore64 e l'iPad. I miei nonni a malapena hanno imparato ad usare il cellulare, e lo capisco. Mia madre non è molto portata per la tecnologia, non guida l'automobile, gira solo in bicicletta e coi mezzi pubblici, usa il cellulare solo per telefonate urgenti e nonostante abbia imparato ad usare le email e qualche programma per lavoro, sulla sua scrivania ha ancora la rassicurante presenza della macchina da scrivere... non si sa mai. Mio padre è di natura più curiosa, passa le domeniche mattina a fare ricerche sul web, quando una volta poteva solo leggersi qualche quotidiano, e ha il suo account facebook che usa per tenere i contatti con vecchi amici e conoscenti. I miei genitori hanno, a livelli diversi, un atteggiamento prevalentemente tradizionale e passivo, e lo capisco. Invece faccio fatica a capire le persone della mia generazione e delle generazioni più giovani che stanno immobili a subire tutto questo senza far nulla (a parte postare le foto delle vacanze per far invidia agli amici e le foto dei gattini perchè tanti like aumentano l'autostima nei giorni di pessimismo cosmico). Non pretendo fervore e passione, ma curiosità, quella si. Mi ritengo fortunato, molti dei miei vecchi amici e conoscenti (per vecchi intendo quelli con cui ho stabilito un rapporto prima della "rivoluzione" dei social media) hanno un approccio a internet, web e social media propositivo, cosciente e multi-direzionale, mentre quelli che non hanno particolare dimestichezza con queste cose molto spesso mi fanno domande e mi chiedono suggerimenti con genuina curiosità, senza pregiudizi. Poi ci sono le nuove amicizie e le nuove conoscenze, legami nati nella maggior parte dei casi grazie ad internet, al web, ai social media. Qualcuno storce il naso, ma io davvero non riesco a distinguere amicizie e conoscenze di serie A e serie B sulla base del come sono entrato in contatto con le persone. E' ancora molto diffuso un malizioso pregiudizio (ripeto, in tutte le generazioni, anche le più giovani, mentre i giovanissimi nativi digitali in qualche modo si salvano per diritto di nascita) che discrimina i legami nati grazie a internet, web e social media, relegandoli a legami di convenienza se non di sopravvivenza (semplificando: sono talmente sfigato - o snob - che non mi resta altro da fare che trovare legami in rete). Questo pregiudizio non mi piace, come non mi piaceva negli anni di gioventù discriminare i legami nati in discoteca perchè meno importanti di quelli nati a scuola o nella piazza del paese. I legami tra individui nascono in mille modi, con sincerità o per convenienza, programmati o inaspettati, indipendentemente dal luogo in cui si interagisce, senza distinzione tra virtuale e reale. La rete è da molti punti di vista insidiosa, da molti punti di vista rivoluzionaria. Interessarsi alla rete e prenderne coscienza, capire di cosa si tratta, non è un giochino da invasati tecnologici, è educazione civica e sociale. Nel mio blog e nel mio quotidiano tento di coinvolgere chi mi circonda in questo percorso di curiosità e consapevolezza, ma mi rendo conto che non è semplice coinvolgere ed è molto difficile saper spiegare. In questi ultimi mesi tra i blogger che seguo, in particolare su twitter, c'è del fermento. Tre di loro, che fanno parte della mia generazione, hanno pubblicato da poco dei libri, interessanti singolarmente ma ancor più interessanti se messi uno dopo l'altro a creare un percorso, un cammino di avvicinamento, di consapevolezza, di visione. Consiglio a tutti di leggere questi libri in questa progressione, per capire il presente e il futuro digitale in particolare, ma tutto sommato per capire il presente e il futuro, punto e basta. Il viaggio parte con Domitilla Ferrari e il suo libro Due gradi e mezzo di separazione. Domitilla racconta con pacatezza e incisività le dinamiche quotidiane di chi usa la rete con consapevolezza, per lavoro, svago, per spirito di cittadinanza, per desiderio di socialità, per vivere meglio. Il libro di Domitilla è perfetto per i principianti, per chi vive la rete con paura o diffidenza, ma è interessante anche per i più esperti, per ritrovare il giusto tono di voce, per tenere i piedi ben ancorati a terra. Ho scelto la foto di Domitilla per presentare questo mio post proprio perchè il suo approccio detta i tempi e i modi giusti per affrontare il tema della rete (e poi perchè sinceramente il sorriso di Domitilla è fuori concorso se paragonato a quello degli altri due blogger). Il viaggio prosegue con Skande e con il suo libro Fai di te stesso un brand. Che noi lo vogliamo o no, la rete ha trasformato tutti noi in marchi, e Skande ci racconta come funzionano queste dinamiche, come prenderne consapevolezza e come sfruttarne i lati positivi, limitando i danni dei lati negativi. Con Rudy Bandiera e il suo libro Rischi e opportunità del Web 3.0 si fa invece un salto nel futuro, partendo dal presente e dal passato. Una visione di insieme che permette di rendersi conto da dove viene la rete, cos'è, cosa sta diventando, cosa potrebbe diventare. Avrete notato in questo mio post l'uso smisurato, insistito e cacofonico di una parola: consapevolezza. La consapevolezza è il frutto di un percorso, di un ragionamento, di una cultura sottintesa, di una indispensabile curiosità per le persone e per la vita, frutto di quel sapere di non sapere socratico che tanto mi piace citare nei miei post e nelle conversazioni della vita. Dopo aver concluso questo piccolo percorso di lettura mi auguro che in voi ci siano meno dubbi, meno paure, maggiore consapevolezza. Me lo auguro per voi, certamente, ma soprattutto per me stesso, perchè essere circondato da persone consapevoli rende la mia vita più bella.

- Immagine: Domitilla Ferrari, giornalista e blogger


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