Correre è vita

Ci sono storie di vita personale che racconti solamente in certe occasioni, solamente a certe persone. Non per paura o per un motivo preciso, semplicemente perché ti viene naturale fare così. Poi quasi per gioco capita che ti venga voglia di raccontare la tua storia, per condividere una passione con chi ha la voglia e il coraggio di mettersi in gioco ogni giorno.
Ho raccontato la mia storia agli amici di Runlovers e la condivido anche qui, nel mio blog, perché un blog non è solamente divulgazione, innovazione, informazione, condivisione. Un blog è soprattutto un racconto di passioni e di vita.

"Voi fatelo pure, ma io, quando corro, non saluto nessuno. Era l'estate del 2002, avevo 26 anni, e quei mal di testa assurdi non passavano mai.

In autunno la risonanza magnetica. Qualche giorno prima di Natale una lunga interminabile giornata in sala operatoria, con il cranio aperto come un vasetto di caramelle.
Il tumore non ha voluto andarsene da solo, ha voluto tenacemente portare con se una parte di me. Il mio orecchio sinistro non avrebbe più ascoltato alcun suono, metà della mia faccia non sarebbe più stata uguale a prima.
​Quando mi chiedono quanti anni ho, io sorrido mentre rispondo, e nella mia mente tolgo sempre cinque anni. Non perché ho paura di invecchiare, ma quei cinque lunghissimi anni con la mia faccia sfigurata, gli sguardi della gente, la fisioterapia e gli ospedali, non possono essere conteggiati come anni di vita. Cinque lunghissimi anni in cui chiudere la palpebra, accennare un sorriso, addentare un panino, bere da un bicchiere, erano una faticosissima conquista quotidiana.

Cinque lunghissimi anni in cui non era sufficiente la speranza, era necessaria concentrazione, dedizione, perseveranza, fatica.

I medici mi consigliavano psicologi e percorsi di recupero della mia autostima. Io invece proseguivo concentrato a lavorare con i miei fisioterapisti, ascoltando ogni millimetro del mio viso. E poi correvo, sudavo e correvo.
Correre non era semplice. Quando non puoi usare un orecchio l'equilibrio va cercato con pazienza, e correre lungo una linea retta è un impresa, poi quell'occhio sempre aperto che brucia e che si inzuppa di sudore, e la bocca che non si chiude e che sbava come quella di un bambino.

Dopo cinque lunghissimi anni, finalmente, è iniziata la mia nuova vita.
Il mio orecchio continua a non sentire, e correre in linea retta è tuttora un impresa, ma la mia faccia, anche se un po' è cambiata, è tornata lentamente ad essere di nuovo la mia. Grazie alla fisioterapia tutto è tornato più o meno al suo posto, e per il resto ci ha pensato la chirurgia.

Non ho mai smesso di correre e di sudare, non mi ha fermato il tumore e nemmeno il dolore che per lungo tempo ha tentato di insediarsi nella mia anima.
Quando metto le mie scarpe e inizio a correre, su strade mai viste o sull'argine dietro casa, io entro in contatto con me stesso, sono concentrato su ogni movimento e ogni rumore del mio corpo, ascolto il mio respiro e il battito del mio cuore, percepisco la superficie della mia pelle che si libera dal sudore, i miei occhi rincorrono l'orizzonte e mi guidano più vicino possibile a quella linea retta che non potrò mai percorrere. Questa concentrazione è un dono che faccio a me stesso ogni volta che corro, un dono grazie al quale, qualche tempo fa, ho restituito a me stesso una vita.

Perdonatemi, ma quando corro io ascolto e vedo solo me stesso.
Voi fatelo pure, ma io, quando corro, non saluto nessuno.
Se voi mi salutate io rispondo con piacere.
Corro concentrato, ma non sono uno stronzo.

​Correre è vita."

Alessandro Barison

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