20 anni di Workplace Design.

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Nel 1997, propio in questi giorni, tra luglio e agosto, è iniziata la mia avventura nel mondo del workplace design. 20 anni sono tanti, a pensarci bene, eppure il tempo sembra passato molto in fretta. In un mondo come quello di oggi che viaggia veloce, velocissimo, e che parla di conoscenza trasversale e learning transfer, essere specializzati in qualcosa di specifico sembra quasi un requisito professionale obsoleto. Nel 1997 la mia workstation era composta da un computer con processore AMD 486 da 100MHz, da un monitor catodico da 15 pollici e da una stampante ad aghi, tutto rigorosamente rivestito da una vernciatura color bianco panna, mentre la mia connessione con il mondo era garantita da un modem 56K (e mi sembrava tutto bellissimo e velocissimo). Il mio telefono cellulare era un ETACS e gli SMS erano una novità recente. Per andare alla fiera del mobile di Milano e visitare i padiglioni arredo ufficio di EIMU (che ora sono stati rinominati Workplace3.0), non c'era il frecciarossa ma un lentissimo intercity, e per andare alla fiera più importante in Europa, l'Orgatec di Colonia, i voli Alitalia e Lufthansa costavano cifre inarrivabili, quindi si organizzava un auto in più colleghi (bla bla car sarebbe arrivato molto, molto tempo più tardi) sfidando il clima germanico e macinando chilometri nelle immense autostrade tedesche per risparmiare. Ovviamente in viaggio si prenotava l'albergo al telefono e ci si orientava con gli atlanti stradali cartacei. 

Nonostante guardando indietro a 20 anni fa sia palese la rapida e drastica evoluzione della tecnologia, delle comunicazioni, delle dinamiche di viaggio e di relazione sia personale che commerciale, se guardo il mio settore e in particolare l'Italia, il workplace è cresciuto lentamente, abulico e appesantito come un vecchio elefante in un circo di periferia. A fine anni '90 i concetti di ergonomia (e quindi l'attenzione all'operatore ufficio) e i concetti di ecosistema ufficio (e quindi di workplace design) erano nel vivo della discussione del settore. Sulle copertine dei magazine specializzati e negli stand fieristici delle aziende di arredo capeggiavano monumentali le innovative postazioni regolabili per l'ufficio. Io stesso con la mia azienda, in collaborazione con diversi partner, in maggioranza tedeschi e olandesi, ho lavorato a fine anni '90 a progetti di scrivanie con supporti regolabili per monitor a tubo catodico di grandi dimensioni per postazioni CAD, a tavoli regolabili per lavorare in piedi, a postazioni ergonomiche per aule di informatica. Nei paesi anglosassoni qualcosa si è mosso subito negli anni '90, anche se lentamente, mentre nei paesi scandinavi nei primi anni del nuovo millennio questa filosofia era già radicata nelle aziende e nella pubblica amministrazione. Altrove, il deserto assoluto, con rare apparizioni all'orizzonte che presagivano piuttosto la presenza di allucinazioni. Il mondo dell'ufficio è rimasto sostanzialmente un deprimente panorama di scrivanie in nobilitato e paretine attrezzate senza soluzione di continuità. Innovare nell'arredo ufficio era come esplorare lande sconosciute ai tempi dell'Impero Romano: Hic sunt leones

Da qualche anno a questa parte, complice la crisi, croce e delizia di un settore, quello del workplace, che ha vissuto per troppo tempo difendendo le posizioni acquisite, le cose stanno cambiando. Molto spesso il cambiamento è frutto di opportunismo piuttosto che di progetto e visione strategica, ma è sempre meglio di niente. Smart office e scrivanie regolabili, dopo 20 anni, sono finalmente nella bocca di tutti i Facility manager.

In questi 20 anni di carriera professionale ho fallito spesso, ho iniziato molti progetti che non sono mai stati realizzati, ma credo di aver imparato molto da questi errori. Il fallimento è un tabù difficile da estirpare nella nostra società, che è molto social ma sempre un po' provinciale e bigotta. Ho avuto anche la soddisfazione e la fortuna di lavorare con aziende importanti e con professionisti molto in gamba. Ho visto nascere progetti di workplace design in continuità con il branding e la corporate experience aziendale quando ancora questi concetti non avevano una definizione. Ho lavorato a progetti di smart working quando smartphone e clowd computing non esistevano ancora. 

Grazie a queste esperienze forse mi posso definire un giovane (i quaranta sono i nuovi trenta, no?) professionista esperto. Oppure semplicemente sono diventato un tecnico specializzato, come un antennista o un piastrellista. Io so solo che il mio lavoro può cambiare la quotidianità delle persone e il modo di vivere gli spazi che dedicano alla loro professione. Questa cosa, spesso, mi piace. E mi auguro di continuare a farla per altri 20 anni ancora.

Nella foto: Postazione Conform CAD. Emme Italia srl. 1998.

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